Antonella Marini: oltre la tradizione
Attratta dall’arte, ma avviata a un diverso percorso lavorativo, Antonella Marini trova nella creazione artistica, in particolare nella pittura, quell’apertura di orizzonti che è vitale per la sua intensa sensibilità. Si forma da autodidatta dedicandosi inizialmente, con esiti tutt’altro che banali, alla scultura in legno e alla ceramica. Poi si concentra sulla pittura, alla quale recentemente ha affiancato l’incisione, con la quale duplica i soggetti più amati o richiesti dai committenti. Dipinge su vari supporti, dalla tavola alla tela, alla juta; l’amore per l’arte, che lei stessa definisce “un dono straordinario”, la mette in appassionato ascolto del messaggio profondo di artisti a lei congeniali. Il paziente lavoro sui diversi materiali, l’interesse per mondi lontani, dalla cultura maya alla mistica indiana, arricchiscono progressivamente il suo linguaggio pittorico rendendolo assolutamente personale e originale.
Le sue prime opere, liberi giochi di forme e colori ispirati alla pittura dei fondatori dell’arte moderna, da Miró a Klee a Kandinsky, l’artista dello “spirituale nell’arte”, dispiegano un immaginario popolato di forme leggere, sospese tra la realtà e il sogno. Morbide creature ora zoomorfe, ora astratte, danzano giocosamente in spazi multicolori. Sono le opere dai delicati colori pastello dei primi anni del Duemila, creature che si muovono nello spazio dell’immaginazione, alludenti a qualcosa che non si svela mai del tutto e prende forme diverse nei diversi momenti della vita. In alcune prevale una giocosa spensieratezza (Gioia 2008), in altre l’artista ci guida nel suo mondo interiore come in un universo parallelo, tra pianeti e galassie di puro colore (Vita 2007), in altre l’aspetto concettuale acquista profondità e mistero.
Alcune di queste opere sono dipinte su un supporto che le è particolarmente congeniale, la juta. “...l’incontro con questo tessuto è stato magico...da subito mi ha stimolato la fantasia...la sua fibra ruvida e spessa mi permette di creare delle figure in trasparenza togliendo i fili.”
Ci si potrebbe perdere nella dolcezza del sogno in Amo (2006), o in Libertà (2009), se la sfilatura della juta non ci suggerisse un’altra realtà, creando un senso di straniamento. Sfilare la tela è un gesto forte, scardina la bidimensionalità. Il gesto avviene quasi in sordina, ma con decisione e sicurezza. La ricerca in Antonella non si ferma mai, come lo sguardo nei suoi occhi profondi.
Alleggerire la tela è boicottare la mimesi della realtà, è creare una nuova dimensione espressiva. Quando la ballerina sulle punte si sgrana, l’immagine dell’infanzia si sbriciola. I gabbiani perdono peso, diventano della stessa sostanza dell’aria in cui si librano (In volo sulle stagioni 2012). Chi ha avuto il coraggio di allontanarsi dai grandi maestri, anche solo con quel gesto così tipicamente femminile, come tirare un filo della tela, quanto lontano potrà arrivare?
Antonella è naturalmente portata a usare un linguaggio metaforico e attraverso le sue colorate metafore, ci comunica i suoi sogni, la delicatezza del suo approccio al mondo. Comunicare per metafore ha un impatto infinitamente più forte e duraturo che non per immagini rappresentative e descrittive. E quando una persona comprende le metafore di un altro il legame tra quelle due persone diventa molto forte. Così accade tra Antonella e l’osservatore che si lascia catturare dai suoi simboli. Tira il filo è una serie di dipinti in cui Antonella mostra di muoversi perfettamente in dimensioni semantiche totalmente diverse. Non si possono capire razionalmente, sono viaggi nella mente o della mente, metafore in bilico tra il flusso ininterrotto dei surrealisti e i geroglifici maya.
In occasione della mostra di Antonella Marini e Marta Bresciani al Centro d’Arte Nin Scolari Teatrocontinuo a Padova nel marzo del 2017, intitolata “Per filo...e per segno”, avevo definito i Tira il filo esposti “Una traduzione in geroglifico maya dell’esperienza esistenziale di una giovane donna occidentale del terzo millennio!”. Amore, viaggio, sogno, corpi, anima, cultura, cieli, ricordi...e al centro la forma vitale, uccello, fiore, volto amato, forma perfetta, bellissima, tangibile, inafferrabile...
Anche il verso della tela può contribuire a scompigliare le carte in tavola...a volte Antonella presenta due possibili letture dell’opera. Uno, nessuno, centomila...a quante letture si presta la realtà, ognuno di noi?
La sua straordinaria sensibilità la porta a dare molto spazio alla contemplazione della natura, in momenti della giornata in cui i colori e la luce creano effetti di struggente bellezza. Osservando la natura, Antonella ne assorbe l’energia cromatica e luminosa e la trasfonde sulla tela, generando cieli infuocati (Vivi 2009) che incendiano le onde del mare che si frangono sulla battigia nera. Le emozioni del cuore, la nostalgia dell’amore si proiettano sul paesaggio nella luce bianca della luna che cola come un rivolo incandescente sulla superficie del mare.
Aspettami, un breve grido scritto con i colori delle onde, definisce la sorgente emotiva del dipinto del 2010, poi tradotto felicemente in incisione. I delicati pensieri scritti in rilievo sulla juta o sulla tela intensificano i sentimenti e le emozioni sprigionati dalla pittura. In Alba (2011) le nuvole si rincorrono veloci al sorgere del sole davanti alla finestra del suo studio. La sintonia con la natura è totale. Spesso il paesaggio ospita attimi d’amore, a cui assistono impassibili gli amatissimi gatti. L’accensione cromatica caratterizza le opere più intense, come Rinascere: nella fusione dei corpi l’anima raggiunge il massimo di intensità. “Anche se solo una minima parte di quello che provo, arriva attraverso le mie opere all’osservatore, mi sento realizzata”: la dolcezza e il garbo con cui tratta amore, femminilità, sessualità non hanno nulla a che fare con la formalità, nascono da uno sguardo puro e un profondo rispetto degli altri e della natura, consapevole di vivere in un tempo in cui il rischio peggiore è quello dell’appiattimento, dell’imbarbarimento, dell’impoverimento spirituale.
Un altro tema ricorrente nella sua pittura è l’autoritratto, reso in forme ora più naturalistiche e tradizionali, ora in modi assolutamente originali. Ogni autoritratto di Antonella è un racconto di se stessa, del suo passato, dell’attesa, spesso incerta, del futuro. Le stagioni della mia vita (2009) si distingue per la sua originalità. E’ composto di dodici pannelli, dodici momenti reali e al contempo paesaggi dell’anima. Le emozioni, i sogni, i timori, si specchiano nel paesaggio. La bellezza della giovinezza è un corpo che esce lentamente dal mare, metafora antica del caos primordiale. Un letto di foglie secche, prematuro presagio dell’autunno della vita, accoglie il corpo ancora giovane e bello dell’artista. Con un gesto un po’ dada e un po’ surrealista, che rivela un’altra Antonella, spicca la testa dal busto e la appoggia sul ventre, centro della femminilità. Il tempo presente abita lo sguardo al contempo lucido e surreale dei suoi bellissimi occhi che ci fissano. Così spalancati non hanno più la dolcezza che li connota nella realtà, ma non rivelano neppure incertezza, sono lucidamente concentrati su un pensiero che il pennello traduce nel paesaggio innevato incombente sull’ultima stagione della vita.
La sua pittura rispecchia la complessa ricerca di una forma espressiva che non sia pura e semplice imitazione della natura né sfoggio di bravura, ma si connoti per espressività e originalità, sia vera e seria come un gioco di bambino. Una ricerca che aspira alla bellezza ma non è mai del tutto soddisfatta dalla perfezione esteriore, sempre tesa verso un significato che va oltre la pura immediatezza. Come un filo di lana ricava forza e resistenza dall’intreccio di più capi, così il linguaggio espressivo di Antonella, attingendo a tutti gli aspetti della sua personalità, ne ricava un senso con cui tesse la trama della sua vita.
L’amore per la natura e la consapevolezza del crescente degrado ambientale che mari e terre stanno subendo per l’indifferenza degli uomini, attraversano come un fil rouge tutta la sua produzione pittorica. Opere come Il cielo (2004), Orizzonte, Acqua cristallina (2016), esposte in mostra, trasmettono il senso della forza ma anche della fragilità della natura, attaccabile da un inquinamento sempre più pericoloso. Negli ultimi tempi lo sguardo di Antonella si è fatto più attento a questo pericolo e forse più pessimista. Nel grande polittico dall’emblematico titolo Coscienza 2018, si concretizza l’approssimarsi dell’apocalisse generata dall’egoistico comportamento dell’uomo. Quanto più la natura si fa seducente nella visione dello specchio d’acqua la cui superficie splende illuminata da mille colori e nel paesaggio, tanto più doloroso e minaccioso appare il tramonto del sole – metafora della civiltà – dietro i monti lontani. La natura parla alla coscienza dell’uomo, Antonella recepisce il suo messaggio, lo trascrive sulla tela. E’ una preghiera sussurrata che diventa grido soffocato: solo chi ama la natura e l’umanità può sentirlo. Sfilature, gocciolamenti, grigi dominanti sono segni della vita che muore. I mezzi espressivi elaborati nel corso di una più che ventennale attività ora sono funzionali a traghettare messaggi di sempre più evidente portata etica. In Forza natura 2018, Antonella porta a nuovi esiti il gioco concettuale facendo fuoruscire dalla superficie del quadro delle retine colorate sorreggenti piccole piante fiorite.
Il suo linguaggio espressivo continua ad evolvere arrivando a sperimentare toni di inedita aggressività in un’opera come Smoke 2018. Il tema del fumo, da lei sofferto in maniera angosciante, con un coinvolgimento addirittura fisico, le provoca un’autentica sensazione di soffocamento. Ecco che Antonella non disdegna di sperimentare nuove suggestioni, attingendo all’iperrealismo e alla pop-art. I riconoscimenti della critica fino a oggi hanno sottolineato la propulsione cromatica, isussurri materni, la delicatezza e la solarità, il femminismo dolcemente ispirato della pittura di Antonella. Non sappiamo se Smoke resterà un unicum o se aprirà un nuovo filone, in cui il tono sussurrato sarà sostituito dalla critica accesa e la denuncia. Si intuisce che l’espressività di Antonella non ruota più solo attorno all’indagine su se stessa, la sua femminilità, le sue emozioni, ma si apre a nuovi, più ampi orizzonti.
Dott.ssa Elisabetta Antoniazzi
Ricerca e comunicazione per la storia dell’arte